Scrivere con la luce: fotografie notturne di Léon Gimpel.
Parigi, dicembre 1921. È la vigilia di Natale, un elefante aspira l’acqua da una cascata e innaffia un gruppo di scimmie nascoste tra le palme. La scena si svolge a Parigi, in rue de Rivoli. È un trionfo di neon colorati, opera dell’ingegnere fiorentino Jacopozzi.
L’uomo che contribuì a trasformare la Parigi degli anni venti nella Ville Lumière si era fatto conoscere per il suo progetto di illuminazione della “finta Parigi”, commissionato dallo Stato Maggiore francese durante la Prima guerra mondiale.
Le esperienze luminose di questo mago della luce seducono il fotografo francese Léon Gimpel.
Appassionato di luminarie, Gimpel utilizza l’autocromia, ossia il primo procedimento di fotografia a colori brevettato e commercializzato dai fratelli Lumière. La sua tecnica consiste nel sovrapporre due scatti diversi, uno effettuato al crepuscolo e l’altro in piena notte allo scopo di restituire l’atmosfera e l’illuminazione notturna in tutta la loro potenza.
Dall’insegna colorata alla pubblicità decorativa, l’industria dei giochi di luce prende le mosse dalle ricerche del chimico francese Georges Claude, inventore nel 1910 del tubo luminescente ad alto voltaggio (néon).
Léon Gimpel illustra anche l’imponente operazione di marketing pubblicitario condotta da Jacopozzi. Con l’aiuto dell’industriale Citroën, Jacopozzi trasforma la Tour Eiffel, «piatto e inerte pinnacolo scuro» in un «teatro della più straordinaria magia elettrica che sia mai stata creata al mondo». A questa incomparabile installazione si aggiungono via via le illuminazioni dei grandi magazzini di Parigi come Les Grands Magasins du Louvre, le Galeries Lafayette, la Samaritaine, il Bazar dell’Hôtel de Ville e il Bon Marché e poi ancora la copia del tempio di Angkor per l’esposizione coloniale della Porte Dorée, tutte magie che partecipano della nuova scrittura luminosa della Parigi by night.
Luce Lebart, curatrice della mostra